Ururi
Gli abitanti sono di cultura e lingua arbëreshë, unitamente a numerose altre comunità dell'Italia meridionale, fra cui Campomarino, Portocannone e Montecilfone nella stessa provincia di Campobasso. Il rito bizantino, tipico simbolo di fede cristiana e di identificazione degli arbëreshë, fu soppresso dopo secoli di resistenza e vani tentativi per preservarlo.
Nel suo feudo sorgeva un Casale denominato "Aurora" ma non è dato conoscere il luogo preciso in cui sorgevano sia il monastero dei monaci benedettini sia il casale.
Nello studio dei documenti antichi, si ritrova una indubbia continuità, tra il "casale Aurora" e il successivo agglomerato abitato di Ururi alla cui denominazione si giunse per gradi dopo alcuni secoli, con una evidente sovrapposizione della nuova denominazione all'antica.
Non vi sono resti di opere murarie che possano indicare in qualche modo il luogo della esistenza antica del monastero e del Casale ma è da supporre che essi sorgessero nella parte più alta dell'attuale abitato di Ururi.
Dunque è da supporre che il luogo fosse proprio là ove oggi è il centro storico del paese, tanto più che il monastero era dedicato a Santa Maria così come la vecchia Chiesa parrocchiale che sorge appunto nel luogo più alto del paese.
Documenti dell'epoca accennano alla presenza nel Casale Aurora, oltre che del monastero, anche di laici, verosimilmente stabilitisi a ridosso del monastero, i quali coltivavano i terreni circostanti. Esisteva dunque un sia pur modesto agglomerato, dedito al lavoro dei campi, e forse in unione con gli stessi monaci.
Nel mese di gennaio del 1074 o 1075 il feudatario normanno Roberto, conte di Loritello, dichiarava di possedere un monastero costruito in tenimento di Larino, nel luogo chiamato Aurora (Aurole) e, con atto per notaio Azzo, donava il tutto alla chiesa Larinese di Maria Vergine e Madre di Dio, per l'anima sua e dei suoi parenti; seguono, nell'atto, le maledizioni per chiunque in avvenire tentasse di sottrarre la donazione alla Chiesa. L'atto è firmato da Guglielmo Vescovo, dal Giudice Falco, da un tale Maraldo Trimarco, mentre il donante feudatario Conte di Loritello vi appone il segno di croce degli illetterati (segno dei tempi nei quali la spada valeva più della penna). Con detta donazione il vescovo di Larino a sua volta succedeva nel feudo Aurora, divenendone il proprietario.
Nei secoli successivi il feudo Aurora e la donazione del conte di Loritello riappaiono in atti e documenti vari. Solo poco prima del 1500 in qualche documento appare per il Casale Aurora anche la denominazione di "Ruri" e talvolta di "Urure".
Il fatto stesso della promiscuità di denominazione fa pensare che quello è il periodo in cui la nuova denominazione si stava affermando sicché il Casale viene indicato tuttora con il nome Aurora, ma sono in uso anche le nuove denominazioni.
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